Parco Divertimento

Un sogno infranto chiamato Luneur

Per chi è cresciuto a Roma tra gli anni '60 e gli ultimi anni dello scorso secolo, il Luneur non era solo un luna park: era un rituale, una magia, una promessa di divertimento.

Per chi è cresciuto a Roma tra gli anni '60 e i gli ultimi anni dello scorso secolo, il Luneur non era solo un luna park: era un rituale, una magia, una promessa di divertimento.

Varcare i cancelli illuminati del Luneur, tra l’odore dolce dello zucchero filato e la ruota panoramica che dominava sull’EUR, accendeva in ogni bambino una scintilla di euforia, meraviglia e magia — una scintilla che, ancora oggi, sopravvive, con tanta nostalgia, nel cuore di ogni "ex" bambino romano.

Il Luneur è stato il luna park in attività più antico d’Italia, e forse proprio per questo è diventato parte del patrimonio emotivo della città. La sua storia comincia nel lontano 1953, su iniziativa dell'Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma in occasione della Fiera Internazionale dell'Agricoltura che lasciò in eredità un parco giochi temporaneo così amato da diventare permanente.

Per decenni è stato un punto di riferimento per le famiglie, una meta obbligata per le comitive di ragazzi romani, le domeniche in libertà e perfino per qualche “sega scolastica” (marinare la scuola) — come l’8 marzo, quando il parco offriva giri gratuiti a tutte le donne e diventava talmente affollato da non riuscire nemmeno a camminare.

Bastava varcare quei cancelli perché tutto si trasformasse in fiaba, magia, circo, sogno. Come un portale di Stargate, ogni adulto, ragazzo o bambino, veniva trasportato in un'altra dimensione.

Non serviva un biglietto per entrare: l’ingresso era gratuito e si pagavano solo le giostre. Così, anche chi aveva poco poteva permettersi una passeggiata tra le luci e i profumi del sogno, e sentirsi parte di quella magia.

Con il passare degli anni, tuttavia, il tempo ha cominciato a farsi sentire. Alcune attrazioni sono state dismesse, la manutenzione è diventata sempre più difficoltosa, e il parco ha vissuto un lento declino. Il 2008 segna l’inizio della fine: il Luneur viene chiuso, ufficialmente per ristrutturazione. Quello che avrebbe dovuto essere un breve stop si trasforma in un lungo silenzio.

Molti speravano in una rinascita fedele alla tradizione, ma quando il parco riapre nel 2016, dopo anni di incertezze e progetti rimandati, lo fa con un’identità completamente nuova: un family park più moderno, colorato, sicuro, ma senza l’anima e quella magia che lo aveva reso unico. 

Per quei bambini ormai cresciuti, non resta che il sogno infranto di tornare a vivere, magari con i propri figli, quell’atmosfera irripetibile che un tempo sembrava eterna.

Le attrazioni storiche del Luneur

Ruota panoramica

La ruota panoramica era senza dubbio il simbolo indiscusso del Luneur. Per i romani sembrava altissima, anche se in realtà non lo era su scala europea. Nelle calde serate estive, regalava un momento di frescura grazie al venticello che si percepiva una volta raggiunta la cima.

Nessie

Al centro del Luneur si trovava un suggestivo laghetto artificiale, navigabile con pedalò e gommoni monoposto. Intorno allo specchio d’acqua si snodava un family ride a forma di mostro di Loch Ness: il tracciato passava anche attraverso una capanna costruita come un castello diroccato, priva di scenografie interne. I saliscendi del percorso, soprattutto per i bambini, sapevano regalare brividi tutt’altro che trascurabili.

Himalaya

Erano le vere "montagne russe" — altro che rollercoaster! — e rappresentavano la meta ambita di ogni ragazzo e il sogno proibito di ogni bambino, che contava i giorni per compiere 14 anni e poter finalmente salirci (anche se, a dire il vero, l’età era raramente controllata… come un po’ ovunque nel parco). Per molti, l’Himalaya era una vera prova di coraggio: un rito di passaggio da affrontare con il cuore in gola.

Il treno era composto da carrozze da quattro posti, dall’aria poco rassicurante e dal rumore metallico assordante. Dopo una lunga salita — che per alcuni sembrava un viaggio interiore, tra flashback e respiro trattenuto — si raggiungeva la cima, segnalata da una misteriosa luce rossa lampeggiante. Una curva rapida e poi giù, a tutta velocità, in una discesa che sembrava non finire mai: per un attimo, la carrozza dava davvero l’impressione di precipitare nel vuoto (o forse precipitava per davvero).

Magic House

Tutti la chiamavano la casa della civetta, per via dell’enorme rapace notturno appollaiato sul tetto dell’attrazione, che ti fissava con i suoi occhi roteanti e inquietanti. Tra i bambini più piccoli, a cui l’ingresso era vietato, circolavano leggende di ogni tipo su quel luogo spettrale. In realtà, si trattava di un percorso a piedi quasi interamente al buio, fatto di curve strette, passaggi angusti e improvvise apparizioni di animatronic o immagini spaventose. Semplice, ma divertente.

Notti orientali

Anche in questa attrazione, la scenografia esterna era tra le più iconiche del parco: un grande mago orientale che apriva e chiudeva il mantello per rivelare, al centro del petto, una sfera di cristallo al cui interno danzava un’odalisca.

Il percorso, da affrontare rigorosamente a piedi, era un vero e proprio labirinto di rulli rotanti, scale mobili, passerelle traballanti e marchingegni di ogni tipo progettati per ostacolare il visitatore. L’uscita era un’impresa, soprattutto per chi si faceva sorprendere dall’ultimo trabocchetto: una cortina di aste di bambù, alcune fisse e altre in movimento, che regalava spesso la classica “craniata” finale — ovvero una testata indimenticabile come sigillo dell’avventura.

Rotor

Rotor - Luneur

Era senz’altro una di quelle attrazioni da lasciare per ultima… perché spesso lasciava “strascichi” non indifferenti. Il suo funzionamento era tanto semplice quanto folle: si entrava in un grande cilindro verticale, che iniziava a ruotare vorticosamente fino a far aderire i corpi dei partecipanti alle pareti per pura forza centrifuga. Poi, all’improvviso, il pavimento si abbassava, lasciando tutti letteralmente sospesi in aria, incollati alle pareti come in un esperimento da astronauti improvvisati.

Un’esperienza che metteva alla prova stomaco, equilibrio e dignità — e che, per molti, rappresentava un coraggioso passo verso l’età adulta… o verso una lunga sosta sulla panchina (o il bagno) più vicino.

Tokaydo

Posta vicino alle montagne russe, Tokaydo era il preambolo perfetto all’Himalaya. Si trattava di un trenino superveloce che, con le sue curve strette e le accelerazioni improvvise, regalava emozioni intense senza mai sconfinare nella paura pura. Era il passaggio intermedio tra le giostre tranquille e le attrazioni più adrenaliniche: un giro sul Tokaydo era quasi un “allenamento” prima del grande salto.

Il suo design futuristico e il rumore metallico del convoglio in corsa contribuivano a creare un senso di velocità che, per un bambino, sembrava da record. Un piccolo coaster, ma con grandi ambizioni.

La riviera misteriosa

I passeggeri salivano a bordo di piccole barchette da quattro posti e si lasciavano trasportare da un lento torrente artificiale, addentrandosi in un percorso tra fantasia e mistero. L’avventura cominciava in un tunnel stellato per poi proseguire attraverso ambienti rocciosi decorati con stalattiti colorate e giochi di luce.

Lungo il tragitto si incontravano scenografie a tema western e alcuni manichini piuttosto inquietanti, che comparivano all’improvviso tra le ombre, contribuendo a creare un’atmosfera sospesa tra meraviglia e tensione. Il viaggio culminava con lampi e tuoni improvvisi, prima di concludersi con un brivido finale: la discesa in una piccola cascata, immersa nelle luci verdi del cimitero indiano.

Il treno delle miniere

Il treno delle miniere - Luneur

È stata una delle attrazioni simbolo dell’ultimo periodo del vecchio Luneur, insieme alla celebre Horror House. I visitatori salivano su piccoli vagoni da quattro posti e si inoltravano in un percorso movimentato e ricco di curve, ambientato nel cuore di una miniera immaginaria. Il tracciato si snodava tra rocce artificiali, minatori animati, pipistrelli appesi alle pareti e altri personaggi bizzarri che ricordavano vagamente i nani di Biancaneve.
Anche in questo caso, i vagoni avevano quell’aspetto leggerino e poco rassicurante e contribuivano ad aumentare esponenzialmente i brividi e l’adrenalina dell’esperienza.

Horror house

Con una scenografia da vero film dell’orrore, l’Horror House è stata una delle attrazioni di maggior successo dell’ultimo Luneur. Anche a giorni di distanza dalla sua inaugurazione, si registravano ancora file chilometriche all’ingresso.

Si entrava a bordo di vagoni a forma di fantasmi bianchi, che si muovevano lentamente lungo un percorso su due piani. L’accesso a ogni stanza era scandito da una porta metallica che si spalancava all’improvviso con un fragore assordante, segnalando l’ingresso in un nuovo incubo.

Ogni ambiente presentava scene raccapriccianti, spesso ispirate ai film horror e splatter in voga all’epoca: animatroni sanguinolenti, urla, luci intermittenti e figure minacciose che apparivano all’improvviso.

Niagara

Situata in una zona del parco solitamente poco frequentata, Niagara era un’attrazione sorprendente (la prima volta). L’esperienza cominciava in modo tranquillo: ci si accomodava su una sorta di divanetto a più posti, apparentemente stabile… ma bastava un attimo, e il sedile cedeva improvvisamente, facendo precipitare i passeggeri su un grande telo posto al di sotto.

Da lì si scivolava direttamente nelle grotte sotterranee, dove prendeva vita un mondo misterioso e fiabesco. Tra luci soffuse e suoni ovattati, comparivano strane creature, chiaramente ispirate all’immaginario disneyano, fino all’incontro con uno specchio magico e la strega cattiva.

Le bombe alla crema

No, non è un errore: le bombe alla crema erano a tutti gli effetti una delle attrazioni più irresistibili del Luneur. Collocate accanto alla sala giochi Las Vegas, sprigionavano un profumo capace di stregare chiunque passasse nei dintorni.

Venivano preparate sul momento, davanti agli occhi dei visitatori, immerse nell’olio bollente e poi farcite generosamente. Insieme a loro, troneggiavano enormi ciambelle fritte, servite ancora calde e zuccherate.

Era un rituale obbligatorio, tra una giostra e l'altra.

E tante, tante altre...

E poi ce n’erano tante altre, impossibili da elencare tutte ma altrettanto indimenticabili. Le macchine a scontro, ad esempio, erano sempre piene di ragazzi, più interessati al “rimorchio” che alla guida — ma l’urto frontale faceva parte del gioco.

La nave del Galeone Pirata dondolava furiosamente, spinta al massimo dal suo gestore che sembrava godersi più degli altri l’effetto panico sui passeggeri.

E come dimenticare l’Enterprise, un vero frullatore di cervelli che si sollevava a 90 gradi e non capivi più in quale epoca vivevi?

C’erano poi i tiri a segno, i giochi dei cerchi — quelli dove dovevi coprire un cerchio più grande ma non vincevi mai — e il mitico lancio del missile, riservato a chi voleva dimostrare al mondo (o alla ragazza di turno) quanto fosse forte.

Il Luneur non era solo un parco: era un rituale collettivo, un universo parallelo fatto di luci, suoni, zucchero filato e leggerezze che oggi sembrano lontanissime, ma che vivono ancora nella memoria di chi, come noi, l'ha vissuto.

Un ringraziamento particolare a Stefan A. Michelfeit che ci ha permesso di utilizzare le sue foto e ai canali YouTube World Roller Coaster e Star Channel News per i video.
La foto della ruota panoramica è di 
Jorge Royan

Italia Parchi

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Redazione

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